A fine gennaio un chilo di pasta – che a settembre la grande distribuzione comprava a 1,10 euro – arriverà a 1,52. Lo dice Vincenzo Divella lanciando l’allarme. E i prezzi potrebbero aumentare ancora. Il dato è solo un esempio di quello che era stato già annunciato da tanti osservatori e dalle imprese coinvolte dal ciclone aumenti. Lo scenario internazionale ha messo allarme un po’ ovunque. Dalle banche alle bollette, dai trasporti alle tariffe autostradali, dagli imballaggi alla carta per finire sul cibo e sull’alimentazione in genere. Gli aumenti sono determinati da più fattori. L’impegno ad arginare l’impennata dei prezzi è un fronte comune che presso i supermercati Piccolo diventa l’agenda delle prossime settimane.


di francesco de rosa |


Federconsumatori aveva già stimato che nel corso del 2022 l’aumento avrebbe inciso in ogni settore. Dalle previsioni alla pratica, i dati mettono nero su bianco. Le Assicurazioni aumenteranno del 2,3%, i Costi bancari del 2,1%, le Tariffe autostradali del 3,4%. i Trasporti del 3,2%, la Tari del 3,1%. Le Tariffe di luce e gas del 18,9%, la Tariffa dell’acqua del 3,6%. Le Tariffe professionali-artigiani del 2,9%, i Prodotti e servizi per la casa del 2,7%, la Scuola dell’0,8%, le Prestazioni sanitarie del 3,4%, la Ristorazione del 2,6%), le Comunicazioni dell’ 1,8%. Nel lungo elenco non poteva mancare il settore dell’Alimentazione che vedrà, secondo Federconsumatori, un aumento del 4,2%. Un comparto che toccherà tutti i settori sociali e che con l’alimentazione coinvolge, al pari di luce e gas, le famiglie italiane avendo nel novero tutti beni di prima necessità. Uno scenario che ha fatto muovere in diverso modo tante aziende del food per le quali il prezzo è fondamentale. Così la corsa per arginare l’aumento delle materie prime che impatta direttamente su tutti i prodotti (come il cibo) di largo consumo era partita già subito dopo le vacanze estive dello scorso anno quando il fondatore dei supermercati Piccolo, Michele Piccolo, aveva chiamato a raccolta tutta la cabina di regia che stabilisce nella sua azienda i prezzi di vendita dando avvio ad un taglio prezzo reso possibile da una vastissima riduzione delle percentuali sui margini di guadagno. Una filosofia messa in atto ogni volta che, a fiuto, il fondatore del marchio rosso che agisce in Campania e registra numeri da record ha sentito anzitempo dove stava andando il mercato. “Vendere con percentuali di guadagno più alte che dovrebbero dare a noi, solo in teoria, maggiori utili riesce spesso ad ottenere soltanto una bassissima rotazione ed invenduti che fanno bella mostra sugli scaffali e nei reparti dei nostri supermercati. Uno stile che non è mai stato il mio modo d’agire. I clienti hanno il diritto di trovare sempre ed in ogni momento storico la giusta convenienza. Dobbiamo adeguarci ai loro bisogni.” aveva detto a settembre dello scorso anno ai suoi collaboratori Michele Piccolo. Poche settimane più tardi, era il 20 novembre 2021 Alessandro Franceschini commentando su organi di stampa legati al settore del food l’iniziativa di Esselunga (che in quei giorni si stava avviando) dal titolo “Il carovita sale? Noi abbassiamo i prezzi.” scriveva: “In quest’era di mezzo – dove la pandemia non se n’è ancora andata e gli effetti dei primi due lockdown stanno portando in dote più povertà, inflazione galoppante e aumento del costo delle materie prime – la reazione di alcune insegne del mondo della grande distribuzione organizzata in Italia dona un’interessante cartina di tornasole di quello che succede nei momenti di crisi. Momenti che, per molti aspetti, hanno punti di contatto con altri, recenti, che abbiamo già vissuto.”

Nel frattempo, passate le festività ed arrivata già da qualche settimana, con il 2022, anche la concretezza degli aumenti che si prevedevano, si fanno sentire alcune aziende di produzione leader in Italia in segmenti che sono cruciali se, per esempio, si parla di pasta. Tra i primi ha fatto sentire la sua voce Vincenzo Divella, amministratore delegato dell’omonimo pastificio. “I primi 30 centesimi – ha detto Divella – li abbiamo dovuti chiedere dopo l’estate, per far fronte all’aumento vertiginoso del costo della nostra principale materia prima, cioè il grano. Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla borsa di Foggia è cresciuto del 90%”. “Un rincaro che non avremmo mai potuto ammortizzare da soli, basta pensare che per noi la semola rappresenta il 60% di tutto il costo di produzione della pasta. Con l’arrivo dell’autunno, poi, – aggiunge l’imprenditore – ci si sono messi tutti gli altri rincari: il costo del cellophane è aumentato del 25%, il gas del 300%, l’elettricità anche. Per questo a gennaio abbiamo chiesto alla grande distribuzione altri 12 centesimi al chilo. Un aumento, questo, che dovrebbe diventare effettivo con il rinnovo degli ordini alla fine di questo mese”. Detto fatto e per le aziende del food (supermercati Piccolo compresi) la sfida all’aumento dei prezzi si fa ancora più concreta e più largo diventa l’impegno.

Lo sa bene Raffaele Piccolo, vicepresidente del Gruppo VéGé a cui i supermercati Piccolo appartengono, che condivide, sin dagli albori, lo stile del padre Michele e che con la sorella Giusy lavora ogni giorno per rendere riconoscibile sin dal primo impatto (dal prezzo alla qualità fino ai variegati messaggi del marketing) la loro azienda davanti agli occhi (e all’esperienza di spesa) dei tantissimi clienti legati al brand da anni. “Dobbiamo – afferma Raffaele Piccolo – far capire dapprima ai responsabili dei nostri punti vendita e poi a tutti i nostri addetti e infine soprattutto ai nostri clienti che metteremo in questa sfida il nostro massimo impegno affinché l’aumento dei prezzi non abbia un forte impatto per le loro tasche. Faremo tutto quello che è possibile fare per realizzare il miglior rapporto tra qualità e prezzo ancora di più in un momento come questo e lì dove arriveranno alcuni aumenti che i clienti potranno notare non sono voluti né determinati da noi“.

Dal pane alla pasta agli altri freschissimi dove la sfida all’aumento è più difficile poiché il prezzo di vendita è determinato soprattutto dai prezzi di mercato delle materie prime (farine, grano, trasporti e tanto altro) che cambiano a prescindere o nel grocery, dove maggiori scorte in magazzino potrebbero consentire di superare meglio il momento, il messaggio che si vuole far uscire dagli uffici di viale Impero a Pomigliano d’Arco, sede centrale dei supermercati Piccolo, è quello di sempre oggi ancor più condiviso: arginare e bloccare in ogni modo l’aumento dei prezzi che riguardano il cibo, bene primario che, nella “mission” della grande famiglia Piccolo, dovrebbe avere sempre e comunque il più popolare e democratico dei prezzi.