Se ne è andato in punta di piedi nel pomeriggio di sabato 11 marzo. Lo hanno trovato seduto su una sedia nel luogo del suo lavoro quotidiano che era diventato anche un modo per scandire le abitudini consolidate degli ultimi 21 anni. Tanti sono stati gli anni che Hamid Bassim ha trascorso in azienda Piccolo. Trovando l’accoglienza e l’affetto di tutti i suoi colleghi di lavoro. Nutrendo così, in questi anni, un legame profondo di stima e di profonda gratitudine verso Michele Piccolo che 21 anni fa gli aprì le porte della sua azienda, del quale Hamid aveva, persino, messo una sua foto sul comodino della sua casa di Casablanca in Marocco dove sovente tornava e dove sognava di far rientro alla fine della sua carriera lavorativa.


di francesco de rosa


Mancano pochi minuti alle 17 di sabato 11 marzo 23. Il collega del cash vicino è arrivato nella zona retrostante il punto vendita dei supermercati Piccolo di via Luraghi (già viale Impero) a Castello di Cisterna nell’area di scarico e rigenerazioni. Ancora seduto sulla sua solita sedia. In mano una mela. Accanto gli auriculari collegati al telefonino da cui aveva chiamato poco prima la moglie. “Che cosa mangiamo stasera a cena?” aveva chiesto prima di prendere lo scooter amaranto che l’azienda gli aveva dato in dotazione e raggiungere la sua casa su nel centro storico di Sant’Anastasia, lì dove abitava da anni. Hamid Bassim è morto così. Colpito da un infarto che non gli ha dato scampo. E nemmeno il tempo, ai suoi colleghi accorsi dall’interno del punto vendita, di fargli un massaggio cardiaco che hanno fatto lo stesso nel tentativo vano di trattenerlo alla vita. Marocchino di nascita, cultura e fede, Hamid Bassim lavorava ancora perché aveva la voglia e la forza di farlo. E perché con un regolare contratto poteva garantirsi uno stipendio e, soprattutto, aumentare quei 21 anni di contributi previdenziali che gli avrebbero garantito una vita tranquilla nella sua Casablanca una volta in pensione. A Sant’Anastasia Hamid arrivò nel lontano 2002 con le sue due figlie nate da poco e la moglie che lo seguì fiduciosa nel suo sogno occidentale agognante una vita migliore. Lavorò appena pochi mesi in un autolavaggio della stessa cittadina vesuviana che, tuttavia, non poteva garantirgli un regolare contratto. Così a qualcuno dell’amministrazione comunale di allora venne in mente di bussare alla porta di Michele Piccolo e della sua azienda affinché potesse esserci un lavoro e, soprattutto, un regolare contratto anche per lui. Il fondatore dei supermercati Piccolo non se lo fece chiedere una seconda volta. Gli fece un regolare contratto grazie al quale ebbe un regolare permesso di soggiorno e gli trovò subito un compito che Hamid Bassim iniziò a portare avanti con dedizione e passione.

La storia di Hamid ai supermercati Piccolo nasce così. Con la stessa forza e la bellezza che legò da quel momento Hamid Bassim a Michele Piccolo. Mite, cordiale, sorriso costante sulle labbra, un attivismo senza pari ed un altissimo senso della dignità. Un anno dopo Hamid già mi parlava della foto di Michele Piccolo che aveva messo sul comodino di casa sua a Casablanca. “Devi venire a Casablanca, Francesco. Il mio paese, il Marocco, ha un mare bellissimo e spiagge enormi. Sono sicuro che quando verrai ti innamorerai della mia terra“. Me lo ripeteva tutte le volte che ci incontravamo. Persino poche settimane fa quando mi ha chiesto un passaggio che lo portasse da Pomigliano a Sant’Anastasia. Appena dieci minuti. Il tempo giusto per raccontare la bella famiglia messa in piedi dalla figlia Wafaa Bassim con un bravissimo ragazzo italiano ed il racconto che, in automatico, ci portò indietro al 2011 quando Wafaa vinse l’edizione di quell’anno di “Suoni&migranti Festival“, il festival che avevo messo in piedi con Michele Piccolo. Di Laila, la primogenita di Hamid, che pure avevo potuto conoscere ed apprezzare, mi raccontò che era negli Stati Uniti. Che era una in gamba e stava facendo strada. Hamid Bassim le sue due figlie le ha cresciute così: con la dolcezza, la determinazione, il sacrificio e tutto l’amore di un padre. Lo ha fatto grazie al lavoro di questi 21 anni trascorsi in azienda Piccolo. Così che mentre lui provvedeva alle spese di casa, loro studiavano con profitto laureandosi con i migliori risultati e la vocazione naturale a parlare e studiare più lingue che poi son servite tutte. Nel 2015 arrivò l’altra grande gioia per la famiglia Bassim. Dopo anni di attese lo Stato italiano concesse alle figlie di Hamid la cittadinanza ed un passaporto che avrebbe consentito loro di girare il mondo e sentirsi anche italiane essendo cresciute qui e qui compiuto tutti gli studi.

Hamid Bassim aveva una vera e propria venerazione per Michele Piccolo che quando lo incontrava gli baciava la fronte in segno di gratitudine e di stima. Mi diceva: “Il signor Michele mi ha dato la dignità della vita dandomi un lavoro e consentendomi di crescere le mie figlie. Lui per me è un vero fratello“. E Michele Piccolo non si tirava indietro tutte le volte che occorreva fare per lui qualcosa di più. Anche quando si dovette decidere di far restare in azienda Hamid che chiedeva di proseguire, come legge consente, lavorando anche oltre l’età solita della pensione dacché gli unici anni di contributi previdenziali su cui poteva contare, una volta in pensione, erano quei 21 anni trascorsi ai supermercati Piccolo. Per questo l’azienda acconsentì continuando il contratto e la previdenza e dando ad Hamid compiti minori che, di fatto, si autogestiva con grande scrupolo e puntualità. Caffè per tutti i suoi amici/colleghi la mattina e quando restava anche di primo pomeriggio che voleva pagare ad ogni costo. E se qualcuno dagli uffici della palazzina a lato aveva l’auto da lavare voleva pensarci lui avendo nel luogo del suo lavoro tutti gli attrezzi per poterlo fare. Maria, Assia, Raffaele, Patrizia, Lorenzo, Peppe, Giusy, Antonio, Saida, Pasquale, Raffaella, Domenico, Annamaria, Daniela, Carmine, Nadia, Giovanna e tanti altri nomi di colleghi che con la morte di Hamid Bassim hanno iniziato a scovare qualcosa dentro i ricordi legati a lui. Di recentissimi o di più lontani, vissuti tra i luoghi di un lavoro che unisce tutti e comunque in una grande comunità e lo fa ogni giorno di più. Mostrando i caratteri, le ansie, le sfumature delle vicende private di ciascuno, gli ostacoli, gli eventi lieti e meno lieti che arrivano. Un percorso che davanti al luogo del tragico evento ha reso mesto e muto per la tristezza anche Michele Piccolo che ha perso così il suo “fidato” Hamid. Un sentimento che non ha impedito al fondatore dei supermercati Piccolo di assicurare conforto e assistenza ai familiari del defunto accanto ai quai è rimasto quando sono accorsi sul luogo appena hanno appreso la notizia.

Con Hamid Bassim va via un pezzo di quella narrazione meno nota all’esterno ma bellissima della grande comunità di lavoratori che vive ed opera negli opifici del “mondo” Piccolo. Storia di un uomo che volle, assieme alla moglie, anch’ella venuta dal Marocco, cambiare il destino della propria famiglia. E decise di cercare un mondo nuovo in mezzo a quell’occidente, attraversando l’ignoto più di 21 anni fa, quello spazio indefinito fatto di mare e di rive che ancora oggi è meta di naufragi e di tragedie. Va via con Hamid Bassim un testimone concreto di quell’accoglienza e di quell’integrazione che è possibile realizzare ed è un valore assoluto già da molti anni. La testimonianza concreta che si può essere di fede e cultura diverse e vivere lavorando fianco a fianco per sentirsi, parimenti, comunità di vita e di lavoro.